La guerra nello YemenLa guerra nello Yemen

PACE TRA ARABIA SAUDITA E YEMEN SEMPRE PIU’ VICINA 

 

Dopo più di otto anni di guerra civile nello Yemen, che ha causato centinaia di migliaia di morti sia a causa della violenza che della fame, un nuovo ciclo negoziale si svolge da domenica scorsa nella capitale del paese, Sana’a, tra delegazioni dell’Arabia Saudita e dell’Oman e rappresentanti Houthi al fine di raggiungere una pace duratura.

Questa volta, i colloqui non sono segnati dai cambiamenti sul campo di battaglia, ma attirano l’attenzione dei media a causa del recente avvicinamento tra Arabia Saudita e Iran, mediato dalla Cina, che è servito a dare una spinta al processo di dialogo nello Yemen.

Il ristabilimento delle relazioni tra queste due nazioni ha segnato un momento chiave per il dialogo sul conflitto. Nel 2015, Riyadh ha guidato una coalizione internazionale a sostegno del governo yemenita che combatte le milizie Houthi, che controllano la capitale e i territori occidentali dello Yemen e sono considerati una forza armata da Teheran.

Nel quotidiano statale cinese China Daily in un editoriale si legge che “si è preparato il terreno” per porre fine alla guerra nello Yemen grazie agli sforzi di Pechino per riconciliare Riyadh e Teheran. Su questa linea, sottolineano che la Cina ha “sempre” preso in considerazione il conflitto nello Yemen ed hanno agito come mediatore tra sauditi e iraniani, che erano immersi in una guerra sussidiaria de facto sul suolo yemenita.

“È giusto dire che trasformando le spade in aratri in Yemen […], la ripresa delle relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita e Iran, mediata da Pechino, sta servendo come punto di partenza per una serie di reazioni positive a catena in Medio Oriente”, aggiunge il giornale.

Su questa linea, il giornale ricorda che il riavvicinamento tra Teheran e Riyadh è avvenuto dopo “il ritiro strategico” degli Stati Uniti dalla regione, dove Washington pensava che avrebbe potuto “usare i paesi mettendoli uno contro l’altro e speculare sul disordine”. Durante la presenza statunitense, i conflitti regionali si sono solo aggravati e non sembravano avere altra soluzione che la via della guerra, conclude China Daily.

Trita Parsi, presidente del laboratorio di idee statunitense Quincy Institute for Responsible Statecraft, ha commentato al portale The Intercept che “decenni della politica estera militarizzata” degli Stati Uniti in Medio Oriente hanno permesso a Pechino di giocare il ruolo di pacificatore nella regione. Nel frattempo, la Casa Bianca “è bloccata e incapace di offrire molto più di accordi sugli armamenti e garanzie di sicurezza sempre meno convincenti”, ha detto Parsi.

“L’attuale round di negoziati nello Yemen, preceduto da una serie di incontri senza progressi significativi con l’Oman come intermediario dopo la scadenza del precedente cessate il fuoco lo scorso ottobre e alcune discussioni a Riyadh tra sauditi e leader del Consiglio presidenziale yemenita, cerca di raggiungere un cessate il fuoco permanente.

In questo contesto, l’inviato delle Nazioni Unite per lo Yemen Hans Grundberg, che è anche coinvolto nel processo di negoziazione, ha descritto all’Associated Press domenica scorsa che gli sforzi diplomatici in corso sono il punto più vicino perché lo Yemen possa raggiungere una pace definitiva. 

Lo stesso giorno, l’agenzia yemenita Saba ha pubblicato le foto delle delegazioni dell’Oman e dell’Arabia Saudita durante il loro incontro con Mahdi al Mashat, capo del Consiglio politico supremo degli Houthi.

Commentando l’incontro, uno dei rappresentanti delle forze ribelli ha detto in un’intervista al New York Times che, a differenza di altri incontri, questo si è distinto perché si è sentita “sincerità” da parte di Riyadh.

L’atmosfera positiva non è stata disturbata nemmeno dal rinvio di uno scambio di prigionieri di guerra tra il governo riconosciuto a livello internazionale e gli Houthi. Inizialmente previsto per martedì, lo scambio è stato rinviato al 14 aprile su richiesta del Comitato Internazionale della Croce Rossa, che funge da intermediario nel processo, ha detto il vice ministro dei diritti umani dello Yemen Majid Fada’el.

Nel frattempo, l’ambasciatore saudita in Yemen Mohammed Al Jaber ha twittato lunedì che i negoziati in corso cercano di “stabilizzare il cessate il fuoco, sostenere il processo di scambio di prigionieri ed esplorare vie di dialogo tra le parti yemenite per raggiungere una soluzione politica sostenibile” nel paese.

Il ministro dell’informazione yemenita Moammar al Eryani ha fatto eco alle parole di Al Jaber, affermando che “l’atmosfera è più pronta che mai a raggiungere la pace”.

Funzionari sauditi e Houthi hanno dichiarato all’AP in condizioni di anonimato che una tabella di marcia siglata il mese scorso tra le parti include una tregua con una cessazione totale di tutte le attività militari nello Yemen.

Altre condizioni per la pace includono la revoca del blocco aereo e marittimo della coalizione guidata da Riyadh sulle zone controllate dai ribelli, che a loro volta cesseranno il loro assedio della città di Taiz, che è nelle mani delle forze governative.

D’altra parte, gli Houthi hanno promesso garanzie di sicurezza all’Arabia Saudita in cambio che Riyadh aiuti nella ricostruzione dello Yemen. L’accordo include il pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici e un calendario per la partenza delle truppe straniere dal paese.

I segni dell’avanzamento del dialogo si manifestano anche nella decisione della coalizione guidata dall’Arabia Saudita di revocare il 6 aprile le restrizioni navali che erano state prolungate per 8 anni, permettendo alle navi commerciali yemeniti di attragare direttamente nei porti meridionali, compreso Aden, con tutte le loro merci con poche eccezioni.

La più grande crisi umanitaria mondiale

L’importanza di una pace permanente nello Yemen si riflette nel fatto che la guerra ha provocato nel paese “la più grande crisi umanitaria” in tutto il mondo, secondo l’ONU.

La gravità della situazione si riflette nei seguenti dati offerti dalle Nazioni Unite:

L’80% della popolazione ha bisogno di aiuto, con oltre 14 milioni di persone in situazione di estremo bisogno

17 milioni di persone sono in condizioni di insicurezza alimentare

Ci sono 4,5 milioni di sfollati interni

2,2 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta e moderata

Parallelamente alla crisi umanitaria, la nazione yemenita è immersa in una grave crisi economica, dato che il paese ha perso circa 90 miliardi  di dollari di produzione. Allo stesso modo, il 58% della popolazione vive in condizioni di estrema povertà e più di 600.000 persone hanno perso il lavoro dal 2015. (RT)

 

Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info

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