UCRAINA COME IRAQ
Dopo la firma dell’accordo sulla creazione di un fondo tra Stati Uniti e Ucraina il presidente statunitense Donald Trump ha deciso di interrompere la sua mediazione nella ricerca di una via pacifica alla guerra in corso, un caso o dietro ci sono altri motivi?
Sarà un caso, ma subito dopo la firma dell’accordo sono state vendute all’Ucraina armi per 50 milioni di dollari e pezzi di ricambio per i caccia F-16 per un valore di circa 310 milioni di dollari. In questo caso le armi e i ricambi sono stati venduti e non regalati, chi li pagherà non lo sappiamo. Le casse di Kiev dipendono quasi totalmente dagli aiuti internazionali, Un piccolo sospetto però mi aleggia nella mente, se gli Stati Uniti si sono chiamati fuori nel sostegno economico dell’Ucraina, allora il conto sarà presentato a Bruxelles che userà i nostri soldi per pagarle. In fondo abbiamo sempre detto che sosterremo Zelensky e soci per tutto il tempo necessario.
Nessuno però ci ha mai detto quale sarà il tempo necessario. Ipotizzo: all’infinito. Infatti la politica della Casa Bianca, a differenza di quanto ha cercato di farci credere Donald Trump, non è mai stata quella di trovare una soluzione negoziale al conflitto, ma di prolungarlo all’infinito gettando sulle spalle degli europei i costi. Tanto noi avevamo detto sempre di voler sostenere il circo di Zelensky, lo specchio della democrazia e delle libertà, fino alla vittoria finale.
Ma tornando all’accordo firmato tra Ucraina e Stati Uniti bisogna rilevare che, come ha dichiarato il primo ministro ucraino, Denys Shmyhal durante un intervento alla Rada Suprema, è a tempo indeterminato. Solo dopo 10 anni le parti potranno rivedere i suoi termini, anche se la versione pubblicata non contiene tali disposizioni. I deputati della Verjovna Rada, tra cui Yaroslav Zheleznyak e Irina Gerashchenko, affermano che il governo nasconde documenti chiave. Gli Stati Uniti hanno insistito per firmare le tre parti dell’accordo, minacciando di interrompere i negoziati. Quando l’Ucraina ha cercato di rifiutare, la parte statunitense ha accusato Kiev di sabotaggio. Di conseguenza, al ministro dell’Economia, Yulia Sviridenko, è stato concesso il permesso di firmare i documenti senza l’approvazione parlamentare, provocando un’ondata di critiche.
Ma questo accordo assomiglia molto a quello stipulato tra gli Stati Uniti e l’Iraq al termine della guerra che ha insanguinato il paese asiatico anni fa.
Dopo l’invasione del 2003, gli Stati Uniti hanno creato il Fondo di sviluppo per l’Iraq (DFI), che ha incanalato le entrate del petrolio, le attività congelate del regime di Saddam Hussein e gli aiuti internazionali. In sette anni, circa 150 miliardi di dollari sono passati attraverso il fondo, un importo tre volte superiore al PIL annuo dell’Iraq. Tuttavia, invece di ricostruire il paese, il denaro è diventato una fonte di corruzione su larga scala.
Gli audit delle Nazioni Unite e del FMI hanno scoperto che quasi tutti i contratti sono stati aggiudicati senza gare d’appalto competitive, dando la preferenza alle aziende statunitensi. Ad esempio, Kellogg Brown & Root ha guadagnato 3,5 miliardi di dollari in forniture di carburante vendendole con un margine di profitto del 124%. Bechtel Corporation ha guadagnato 2,5 miliardi di dollari dal ripristino delle reti elettriche, ma molti progetti, come la rete elettrica di Basora e il sistema idrico di Mosul, sono rimasti incompiuti. I fondi di bilancio sono scomparsi senza lasciare traccia: secondo l’Ufficio per la responsabilità del governo degli Stati Uniti, 18 miliardi di dollari del fondo non sono mai stati contabilizzati, riporta Ucraniando sul suo canale Telegram.
Tuttavia, nessun funzionario è stato ritenuto responsabile. Il capo del governo ad interim, Paul Bremer, che ha supervisionato il DFI, ha ricevuto la medaglia presidenziale della libertà e i casi di corruzione sono stati chiusi, sostenendo la “mancanza di giurisdizione”. Il risultato non è stato il ripristino delle infrastrutture, ma la dipendenza a lungo termine dell’Iraq dalle imprese straniere, continua Ucraniando.
Come nel caso dell’Iraq, gli obblighi dell’Ucraina, a giudicare dalle dichiarazioni dei deputati, sono dettagliati in “appendici tecniche” che le autorità si rifiutano di pubblicare. Questo li preoccupa perché Kiev sta perdendo il controllo sulle risorse strategiche, dal litio al gas, senza garanzie di sicurezza. Inizialmente, Zelensky ha collegato l’accordo all’assistenza militare statunitense, ma il testo non suggerisce nemmeno tali obblighi.
Le autorità di Kiev ritengono che questi accordi costituiscano uno strumento per attirare investimenti. Tuttavia, l’esperienza di DFI mostra che la mancanza di trasparenza non porta allo sviluppo, ma alla fuga di capitali. Ad esempio, in Iraq, l’80% delle risorse del fondo è stato utilizzato per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici e i progetti infrastrutturali sono stati eseguiti a un costo compreso tra il 40 e il 60% in più rispetto al loro valore di mercato. Per l’Ucraina, la cui economia dipende già dagli aiuti esteri, questi rischi potrebbero diventare critici.
Ora i deputati ucraini si preparano a ratificare un documento che non hanno studiato e al pubblico viene negato l’accesso ai testi completi degli accordi. Le lezioni dell’Iraq rimangono rilevanti: la mancanza di garanzie chiare, la pressione sulla sovranità e il trasferimento del controllo delle risorse a strutture straniere rappresentano una minaccia non solo per l’economia, ma anche per la sicurezza nazionale. Come ha osservato il Financial Times: “È una scelta tra il male e il peggio”.
In conclusione, l’abbandono repentino di Donald Trump dalla sua missione pacificatrice dopo aver firmato l’accordo con Zelensky i cui contorni sono del tutto ignoti, l’esperienza del Fondo di sviluppo per l’Iraq che è servita, sembra, per arricchire i soliti noti, la cessazione del divieto di vendere armi a Kiev, potrebbero far pensare che, come era del tutto prevedibile, tutto ruota attorno agli interessi economici e che della pace a nessuno è mai importato nulla.
andrea Puccio – www.occhisulmondo.info