COSA SAPPIAMO DEL SITO NUCLEARE IRANIANO DI FORDO
Dopo gli attacchi degli ultimi giorni alla centrale nucleare di arricchimento dell’uranio di Natanz, l’impianto sotterraneo di Fordo potrebbe diventare uno dei prossimi obiettivi di Israele. Ma cosa sappiamo di questo impianto?
Da quando Israele ha iniziato l’attacco unilaterale contro l’Iran, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha insistito sul fatto che lo scopo dei bombardamenti è quello di porre fine al programma nucleare di Teheran, che considera una “minaccia esistenziale” per il suo paese.
Gli impianti di Fordo sono quindi nel mirino israeliano che però, senza l’aiuto di Donald Trump, potrebbero non essere distrutti. A tale proposito il presidente statunitense ha dichiarato i diverse occasioni che ancora non ha deciso se unirsi a Tel Aviv.
Fordo è il secondo più grande impianto nucleare dell’Iran, dopo l’impianto di Natanz, che ha subito danni durante i bombardamenti degli ultimi giorni.
Il complesso di Fordo si trova nei pressi della città santa di Qom, a circa 95 chilometri a sud-ovest di Teheran, e opera sotto la supervisione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica delle Nazioni Unite.
E’ stato costruito in segreto intorno al 2006 e la sua esistenza è stata resa nota nel 2009. Secondo la Nuclear Threat Initiative, la struttura è divisa in due settori per l’arricchimento dell’uranio, ognuna delle quali progettata per ospitare otto cascate di gas IR-1, con un totale di 3.000 centrifughe.
Le immagini satellitari mostrano cinque tunnel scavati in un gruppo di montagne, una grande struttura di supporto e un ampio perimetro di sicurezza.
Riguardo al programma nucleare iraniano è utile ricordare che nel 2015, l’Iran, il gruppo P5+1 (Regno Unito, Cina, Francia, Russia, Stati Uniti e Germania) e l’Unione europea hanno firmato il Piano d’azione congiunto globale, che ha stabilito la revoca di una serie di sanzioni contro la Repubblica islamica, in cambio Teheran ha rinunciato allo sviluppo o all’aquisizione di armi nucleari.
Tuttavia nel 2018, durante la prima amministrazione di Donald Trump, Washington si è ritirata unilateralmente dall’accordo, ha riattivato le sanzioni contro Teheran e ha imposto ulteriori misure restrittive. In risposta, l’Iran ha gradualmente sospeso i suoi obblighi per l’adempimento del patto.
Nel febbraio 2023 un’ispezione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ha rilevato che a Fordo erano stati installati gruppi di centrifughe che consentivano l’arricchimento al 60% dell’uranio.
Il complesso è stato appositamente progettato per resistere a quasi tutti i tipi di attacchi. E’ stato costruito nel ventre di una montagna tra gli 80 e i 90 metri di profondità, sotto strati di terra e roccia, quindi è considerato immune alle bombe convenzionali. La struttura è protetta da sistemi missilistici terra-aria iraniani e russi s-300 acquistati nel 2016.
Si ritiene che l’impianto di Fordo possa essere distrutto solo da un’arma convenzionale, la bomba guidata GBU-57 che pesa oltre 13 tonnellate. La bomba è dotata di una testata di 2.600 chili ed è in grado di perforare fino a 60 metri di terreno, acciaio o cemento, per poi esplodere con una capacità equivalente a due tonnellate di esplosivo TNT.. . Tale arma è a disposizione solamente degli Stati Uniti.
Per il trasporto e il lancio di questa bomba è necessario il bombardiere a lungo raggio B-2 Spirit, in dotazione agli Stati Uniti. Israele non possiede né la bomba né l’aereo.
Il Centro per gli studi strategici e internazionali degli Stati Uniti indica alcuni metodi alternativi per distruggere il sito nucleare iraniano. Il primo modo sarebbe l’uso da parte israeliana delle bombe GBU-28 e BLU-109, che potrebbero essere utilizzate in attacchi per distruggere gli ingressi o le uscite del sito oppure i sistemi di ventilazione. Anche se questo metodo lascerebbe l’impianto nucleare intatto lo renderebbe temporaneamente inoperativo.
Viene segnalata inoltre la possibilità di sabotaggio, come quello che Israele ha effettuato a Natanz nel 2010 attraverso l’attacco informatico Stuxnet, o l’uccisione di importanti scienziati legati allo sviluppo nucleare, come è successo a Mohsen Fakhrizadeh, presumibilmente ucciso da Tel Aviv nel 2020 con una mitragliatrice telecomandata, cosa che la nazione ebraica non ha mai confermato.
L’ultima opzione, molto più pericolosa per tutte le parti, sarebbe l’uso di un’arma nucleare. Israele le possiede da decenni, ma il loro uso cambierebbe completamente la scena internazionale. Secondo le stime dell’Istituto di ricerca per la pace di Stoccolma, il Paese ebraico sarebbe attualmente in possesso di circa 90 testate nucleari.
L’amministrazione statunitense sta valutando la possibilità di entrare direttamente nel conflitto. All’inizio di questa settimana, Trump ha detto che non aveva ancora deciso sull’idea di attuare un attacco contro questa struttura sotterranea, anche se ha precisato che i piani militari erano già stati progettati.
“Siamo gli unici che hanno la capacità di farlo, ma questo non significa che lo faremo”, ha detto il presidente ai giornalisti nello Studio Ovale. “Non ho preso una decisione”, ha detto allora.
Tuttavia, oggi non è ancora chiaro se la minaccia nucleare iraniana sia reale. Pertanto, i rapporti dell’intelligence statunitense concludono che Teheran non sta attivamente cercando lo sviluppo di un’arma nucleare e che potrebbero volerci circa tre anni per farlo.
Qualcosa di simile ha detto giovedì il direttore generale dell’AIEA, Rafael Grossi: “In questo momento, non abbiamo alcuna indicazione che esista un programma sistematico in Iran per produrre un’arma nucleare”. (RT)
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info