LA ‘ZONA GRIGIA’ DALL’OLOCAUSTO ALLA CANCELLAZIONE DEI POPOLI.
di Antonio Evangelista
Parallelismo critico alla luce di Primo Levi. Memoria, disumanizzazione e testimonianza: riflessioni sulla storia e l’attualità.
Nel cuore della contemporaneità, le guerre che devastano Siria, Ucraina e Israele pongono interrogativi cruciali sul senso della storia e sulla ripetizione della violenza.
Levi, nei suoi libri ‘I sommersi e i salvati’ e ‘Se questo è un uomo’, offre chiavi di lettura universali della condizione umana sotto pressione estrema, della memoria e della responsabilità individuale e collettiva.
La ‘zona grigia’ di Levi è viva e vegeta nella politica odierna.
Nel 1986, Primo Levi avvertiva che la memoria è fragile, e che le società tendono a deformarla per assolversi. Nel dopoguerra i suoi libri tradotti avevano indotto molti tedeschi a scrivergli lettere piene di alibi: “non sapevamo”, “obbedivamo agli ordini”, “non potevamo fare nulla”. Parole che, diceva, mascheravano complicità e cancellavano il peso morale di azioni indegne.
Levi la chiamava ‘zona grigia’: un’area ‘etica’ tra carnefici e vittime dove si confondono opportunisti, sopravvissuti e collaboratori e che oggi è divenuta strumento della geopolitica.
Esempio odierno di ciò è rappresentato in Siria dall’ex leader di al Qaeda Abu Mohammad al Jolani, ‘ex jihadista’ con una taglia USA sulla testa, poi ‘riabilitato’ come governatore legittimo e tuttora riferimento internazionale, nonostante le violenze recenti di luglio ancora attribuite ai suoi uomini e un rapporto del 14 agosto 2025 della Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite che ha denunciato violenze settarie e sistematiche contro la comunità alawita lungo la costa siriana del marzo 2025. Il documento punta il dito contro il neo-governo siriano per centinaia di omicidi e torture perpetrati da membri delle forze del governo ad interim. Fatti che equivalgono a crimini di guerra.
La commissione ONU ha anche segnalato che decine di torturatori che hanno partecipato agli omicidi settari, una volta identificati, anziché essere puniti, sono stati assunti e arruolati nell’esercito regolare governativo.
L’Onu conclude: “Nonostante le promesse di riforma e giustizia da parte del governo di Al Jolani, le misure concrete rimangono insufficienti. Questi eventi minano ulteriormente la fiducia delle minoranze nel nuovo governo e sollevano dubbi sulla sua capacità di garantire la sicurezza e la giustizia per tutti i cittadini”.
In Ucraina da un cabaretista eletto presidente e ‘nominato’ dalla Unione Europea e dagli USA ‘difensore della democrazia e dei valori occidentali’ che si accompagna, e celebra, con reduci nazisti come Yaroslav Hunka ex combattente delle SS della Divisone Galizia, mentre i giovani ucraini sono sacrificati sull’altare dell’arroganza imperiale statunitense e britannica.
In Israele, da Benjamin Netanyahu che piega la memoria dell’attacco terroristico del 7 ottobre 2023 – annunciato mesi prima dai suoi Servizi Segreti e ignorato, oltre che da quelli egiziani e statunitensi – in un’arma per giustificare le bombe sganciate su ospedali, scuole, giornalisti, ambulanze, feriti, bambini… invocando l’autodifesa, negando le stragi di civili e infine dichiarando che si tratta di ‘effetti collaterali inevitabili’.
Anche in questi casi, in Siria, Ucraina, Israele, la logica è identica: riscrivere il passato, selezionare i ricordi utili, rimuovere le responsabilità scomode. È la stessa patina di ipocrisia che Levi denunciava nei tedeschi del dopoguerra, oggi riprodotta e rilanciata dai palazzi del potere, tra alleanze di comodo e convenienti silenzi.
La ‘zona grigia’ non è un capitolo di storia ma è il manuale operativo della politica mondiale.
Deposto Bashar al Assad, il passato jihadista del terrorista e leader di rango dell’organizzazione terroristica al Nusrah Front (ANF), affiliata ad al Qa’ida in Siria, è convenientemente e tempestivamente svanito dalla memoria di certa stampa e di certa politica. Vuoti prontamente ri-occupati dalle immagini dei capi di Stato e dei ministri accorsi a stringere la mano del tagliagole che nel 2003 si era unito ad al Qaeda in Iraq, organizzazione terroristica che rivendicherà, lo stesso anno, l’attacco contro i militari italiani in Nassiria, dove un camion cisterna pieno di esplosivo colpì l’ingresso della base italiana uccidendo 12 carabinieri, 5 militari dell’Esercito, 2 civili italiani e 9 iracheni. E non parliamo delle vittime degli attentati ISIS nel mondo dal 2015 in poi, anche italiane, colpite da chi ha sposato, fra questi Al jolani appunto, l’ideologia jihadista dell’allora Califfato.
Al Jolani oggi, dismesso il turbante e indossata la cravatta, si presenta come un politico inclusivo che rispetta tutte le religioni atteggiandosi a interlocutore chiave della comunità internazionale per garantire un futuro di pace e protezione anche alle minoranze. Ma allora come interpretare le tensioni che tra il 12 e il 20 luglio hanno determinato gli scontri tra drusi e beduini coinvolgendo anche le forze del governo siriano.
L’offensiva è stata lanciata dalle autorità centrali — con artiglieria, droni e milizie — apparentemente per ripristinare l’ordine, ma con il sospetto diffuso che servisse a riaffermare il controllo sul territorio druso fomentando divisioni settarie. Gli ospedali sono diventati teatri di violenze brutali, documentate da filmati e testimonianze, di volontari, pazienti e lavoratori sanitari ammanettati e brutalizzati da membri dei ministeri della Difesa e dell’Interno. Il coinvolgimento diretto di gruppi vicini ad al Jolani non è stato confermato dai principali report: il conflitto sembra piuttosto una lotta tra milizie druse, truppe governative e alleati beduini.
Tuttavia, la brutalità e la distruzione confermano una logica securitaria e settaria che difficilmente può sfuggire alla catena di comando, e al controllo, del ‘presidente’. I teppisti di Bashar Al Assad erano soliti giustificare l’uccisione di civili, e oggi i ‘bravi’ del nuovo regime appaiono nei video terribili che documentano l’esecuzione di civili nel Suwayda National Hospital.
Le immagini e i video circolati sui social richiamano alla mente gli attacchi agli ospedali in Gaza rasi al suolo affermando che contenevano al loro interno basi/tunnel segreti di Hamas… che aspettiamo ancora di vedere.
Sono risposte ‘istituzionali’ brutali, bestiali e ributtanti che lasciano morti e macerie in luoghi destinati alla cura, all’aiuto e all’assistenza. Luoghi di protezione trasformati in patiboli e cimiteri. Qui, tra macerie e brandelli di carne umana, si celebra il funerale del diritto internazionale e dell’umanità tutta, qui si è fermato ogni Dio… spalancando le porte ai principi del ‘Male’.
Vittime, carnefici e spettatori: così Primo Levi descrive nei suoi libri la deportazione, i campi di concentramento, le reazioni umane… svelando il volto del male. Invece oggi il mostro non si cela più nei luoghi di tortura e morte poiché tutto scorre davanti ai nostri occhi, sui nostri telefonini, come i sottotitoli di un film sull’orrore, tutto avviene nei palazzi di potere e di ‘diritto’.
Levi racconta che – cfr. capitolo ‘Stereotipi’ del libro ‘I sommersi e i salvati’, – quando ‘Se questo è un uomo’ fu tradotto in tedesco ricevette lettere da lettori tedeschi, alcuni sinceramente toccati e altri che reagivano con una sorta di difesa automatica e c’erano tre giustificazioni ricorrenti.
La prima: «Non sapevamo», la negazione della conoscenza degli eccidi; la seconda, «Obbedivamo agli ordini», l’appello all’assenza di responsabilità individuale; la terza, «Non potevamo fare nulla», la presunta impotenza dinanzi alla fucina del male!
Ignoranza, obbedienza e impotenza: Levi smonta questi alibi, figli di un’ignavia conveniente, sottolineando che in molti casi si trattava di autoassoluzione postuma, e che una parte della popolazione tedesca sapeva o intuiva, ma preferì non vedere. Un autoinganno collettivo che si nutre, ancora oggi, della deformazione della memoria… una dissonanza cognitiva assassina per non aver impedito ciò che doveva essere evitato ad ogni costo e che ha macchiato l’essere umano per sempre.
Ma oggi nessuno può dire di ‘non sapere’!
La ‘zona grigia’ descritta allora da Levi, è ancora quell’area eticamente ambigua in cui non si trovano né le vittime pure né i carnefici puri, ma una vasta gamma di figure che, per sopravvivere o per opportunismo, collaborano, si adattano, negoziano, a volte tradiscono. È un concetto scomodo, perché rompe la narrazione ‘buoni vs cattivi’ e mostra come sistemi criminali possano integrare individui e gruppi che in teoria dovrebbero esserne avversari.
Ecco allora la ‘riabilitazione conveniente’ del jihadista Abu Mohammad al Jolani, l’investitura ipocrita del ‘caino’ neonazista Volodymyr Zelenskyy a paladino democratico e l’ignavia internazionale complice del ricercato per crimini di guerra, primo ministro, Benjamin Netanyahu. Tutto seguendo la logica per cui, a seconda della congiuntura geopolitica, un soggetto può essere trasformato da ‘terrorista’ a ‘Capo di Stato-interlocutore’, e viceversa, se serve a certi interessi strategici.
I crimini del passato (e spesso anche quelli in corso) vengono minimizzati, giustificati o nascosti dietro un nuovo linguaggio politico, esattamente come Levi racconta delle lettere dei tedeschi: «non potevamo fare nulla … ora le cose sono diverse … abbiamo agito per necessità».
Non si tratta solo di un meccanismo psicologico individuale, ma una vera strategia politica di autoassoluzione collettiva, utile all’occidente ‘democratico’ per mantenere alleanze ripugnanti e giustificare ingerenze predatorie.
Si chiama ‘memoria selettiva’ l’esercizio nel quale ‘il Male’ ricorda o dimentica in base all’utilità del momento, riscrivendo storia e avvenimenti inesistenti. E allora può anche accadere, come successo, che alla cerimonia per lo sbarco in Normandia 80 anni dopo, venga escluso il presidente della Russia che ha lasciato, allora URSS, ventisette milioni di morti sul campo, militari e civili, per sconfiggere il III Reich. Può accadere come accade che artisti, atleti, intellettuali, financo libri russi siano banditi dal territorio nazionale, come ai tempi delle leggi razziali in Italia per capirci.
In effetti: sì, il meccanismo di rimozione e giustificazione che Levi individuava nel dopoguerra tedesco è vivo e vegeto. Cambiano gli scenari e i nomi, ma resta la stessa dinamica: un misto di opportunismo politico, paura di ammettere le proprie complicità, e ipocrisia morale.
Nel 1986, Primo Levi con ‘I sommersi e i salvati’, suo ultimo libro, è andato oltre la memoria della Shoah per indagare le dinamiche umane e politiche che rendono possibili, e giustificabili, crimini di massa: dalla ‘razza ariana’ di Hitler al ‘popolo eletto’ di Netanjahu, passando dalla guerra fratricida in Ucraina iniziata nel 2014 che ha determinato l’invasione russa per fermare neonazisti prezzolati armati e addestrati dall’occidente, Gran Bretagna e USA in testa.
Abbiamo ignorato i segnali del Male e lo abbiamo lasciato fare. Sì, la ‘politica’ si è accomodata in un territorio morale intermedio, popolato non da vittime o carnefici puri, ma da una miriade di attori che collaborano, si adattano, sopravvivono, negoziano, e a volte trasformano i tagliagole in alleati, i giornalisti in terroristi, i nazisti in liberatori, gli esperti ONU in ‘persone orribili’, i bambini in ‘animali umani’… secondo il volere di menti ‘raffinatissime’ che governano e usano l’alta finanza, per controllare il mondo, dai tempi di Napoleone. Tutti stretti, o costretti, nella loro ‘zona grigia’.
Il parallelo con le lettere ricevute da Levi è diretto:
•Non sapevamo diventa: «Le forze attuali non hanno più legami con il terrorismo», Siria.
•Obbedivamo agli ordini si trasforma in: «Agivamo per la sicurezza e la stabilità della regione», Ucraina.
•Non potevamo fare nulla si aggiorna in: «Non ci sono alternative migliori per governare questi territori», Gaza.
Sono variazioni contemporanee dello stesso schema di autoassoluzione: minimizzare il passato, ridurre la responsabilità individuale, e presentare la collaborazione come un atto di realismo politico.
Ciò che Levi chiamava ‘zona grigia’ è oggi un dispositivo geopolitico mortale e velenoso, che giustifica alleanze impensabili in nome di interessi economici, militari o energetici, come ho spiegato nei miei ultimi libri: ‘Mediterraneo, stesso sangue, stesso fango’ ed. Santelli e ‘War street – l’inganno demokratico’, pubblicato con 4punte Edizioni.
Levi ha scritto che l’autoassoluzione è ‘una malattia della memoria’ e che le società, per andare avanti, tendono a deformare il passato per proporre un presente a loro conveniente e così nascono nemici inesistenti, si creano urgenze artificiose, si ascoltano le persone sbagliate nel momento sbagliato per il motivo sbagliato… e si muore prede di inganni intitolati ‘patriottismo’ o ‘difesa della democrazia’. Muoiono a migliaia per il profitto di pochissimi.
Oggi come allora, l’Occidente, e non solo, appare pronto a dimenticare, a perdonare selettivamente, e a collaborare con chi, fino a ieri, veniva indicato come nemico irriducibile, e viceversa. Ieri si guardava a Hitler come statista illuminato celebrato dal Times e oggi si ‘omaggiano’ terroristi, neonazisti travestiti che celebrano reduci del III Reich e criminali di guerra che uccidono donne, vecchi e bambini affamati in fila per una manciata di farina.
I mostri son tornati, o forse non sono mai andati via!
È la dimostrazione che le parole di Levi restano attualissime: la ‘zona grigia’ non appartiene solo alla storia, ma è una costante della politica internazionale. E finché l’ipocrisia prevarrà sulla memoria, le guerre continueranno a produrre non solo vittime e carnefici, ma anche una vasta platea di giustificatori pronti a riscrivere la realtà.
Ecco l’autoassoluzione collettiva in cui i mostri partoriti da inganno e avidità diventano i ‘presentabili’ odierni e i difensori dei diritti e dei più deboli vengono additati come ‘persone orribili’! Ed è lo stesso schema che Levi vedeva nei tedeschi del dopoguerra: una memoria selettiva progettata per ridurre il senso di colpa e permettere la continuità politica di apprendisti stregoni, queste sì… persone abominevoli.
Allora, fabbricanti di uomini, creatori di leader, intellettuali, storici, politici… consentitemi: attenti alle classi dirigenti che producete perché state tradendo proprio quei valori che pretendete di infondere! State condannando i nostri giovani a un futuro di morte, tragedie e vergogna! Ancora una volta.
Antonio Evangelista

