Adil BelakhdimAdil Belakhdim

LA MORTE DI ADIL BELAKHDIM SOLO L’ULTIMA DI UNA LUNGA SERIE DI INTIMIDAZIONI AGLI SCIOPERANTI  

 

Dopo l’assassinio del sindacalista di origine marocchina Adil Belakhdim accaduta tre giorni fa a Viandrate, in provincia di Novara, occorre credo fare alcune riflessioni.

Quanto accaduto a Viandrate è solo l’ultimo di una lunga catena di episodi che vedono il settore della logistica e della distribuzione in primo piano. Il sindacalista di origine marocchine Adil Belakhdim è stato ucciso da un camion che ha forzato il picchetto di protesta che si stava svolgendo di fronte ad un magazzino della catena della distribuzione Lidl di viandrate, in provincia di Novara. I lavoratori stavano protestando contro le inumane condizioni di lavoro a cui sono sottoposti: orari massacranti, straordinari non pagati, stipendi da fame e molto altro ancora.

Alcuni giorni prima in provincia di Lodi, sempre in un’azienda che si occupa di logistica, i proprietari hanno assoldato una vera e propria squadraccia che ha malmenato i lavoratori che stavano scioperando di fronte ai cancelli dell’azienda. A Prato, sempre pochi giorni fa, i titolari della Texprint assieme ad altri operai hanno assaltato alcuni lavoratori che stavano, anche loro, scioperando mandandone uno all’ospedale dopo averlo colpito con un mattone.

Sembra proprio che scioperare per rivendicare i propri diritti in questo momento sia diventato un pericolo per i lavoratori riportando l’orologio della storia indietro di decine di anni. Eppure la logistica in questi ultimi anni    grazie all’esplosione del commercio on line ha avuto una grande espansione. Ma evidentemente questa espansione non ha toccato gli stipendi dei lavoratori che continuano ad essere stipendi da fame. Anni fa era comune dire che in Cina gli operai ricevevano una ciotola di riso e poco più come retribuzione, ma adesso mi sembra che i cinesi siamo diventati noi. Infatti , come denunciato da Adil Belakhdim, uno stipendio di un addetto alla logistica non arriva ad oltre 850 Euro, troppo pochi per vivere.

In questi giorni in cui fatti come quelli descritti non possono essere definiti solamente come tragici eventi ma devono essere considerati, a mio avviso, come un messaggio ben chiaro per color che tentano di alzare la testa, in molti hanno cercato di darne una spiegazione. C’è chi ha dato la colpa all’immobilismo del governo che con il suo tacere a avallato queste forme di repressione, chi ha visto il sindacato impotente ed incapace di rappresentare questa categoria di lavoratori, ma nessuno ha messo sul piatto della bilancia il vero responsabile di queste situazioni di sfruttamento del lavoro ovvero il modello economico capitalista che imperversa indisturbato nel nostro mondo attuale. 

Il nostro modello economico è l’unico responsabile di quanto sta avvenendo nel mercato del lavoro. La riduzione costante dei costi per massimizzare il profitto è la causa principale della riduzione degli stipendi soprattutto in quei settori a basso valore aggiunto come quello della logistica. Per scaricare e ricaricare un camion non occorre una formazione specifica ma solo braccia e muscoli. Quindi il lavoratore diventa solamente un mulo che deve sgobbare e non chiedere nulla di più di quello che il datore di lavoro decide di dargli. Una grande quantità di potenziali lavoratori, o  esercito di riserva come lo chiamava Marx, è pronto fuori dai cancelli delle imprese a prendere il posto di coloro che non sono più disposti a sopportare questa nuova forma di moderna schiavitù. Disposti a qualunque paga pur di lavorare. Non a caso la maggior parte dei lavoratori della logistica sono stranieri, gli stessi stranieri che qualcuno vorrebbe gettare in mare quando scappano dalla miseria dei loro paesi ma che poi sono manodopera essenziale per far circolare migliaia di pacchetti contenenti cianfrusaglie varie sul territorio nazionale.

Non ci dobbiamo quindi stupire e neppure meravigliare se le legittime richieste di migliori condizioni di lavoro espresse dagli operai non vengono accolte e se le proteste finiscono come nessuno vorrebbe.  Dobbiamo mettere in discussione il sistema economico attuale che vede il profitto al di sopra di ogni cosa per riportare l’individuo e la sua dignità al centro di ogni discussione. Ma di strada ne dovremmo percorrere tanta perché la tendenza attuale è quella inversa. Il mercato del lavoro è sempre più precarizzato, i contratti sono sempre più corti ed i lavoratori sono sempre più considerati una merce da comprare, da sfruttare a proprio piacimento e da gettare quando non è più utile. 

La guerra tra poveri per un posto di lavoro sta diventando un serio problema perché frammenta la stessa classe lavoratrice. Il lavoro è mal pagato, non è sufficiente per tutti, è a termine, tutte condizioni che mettono i lavoratori l’uno contro l’altro. e gli unici che da questa guerra ci guadagnano sono i datori di lavoro che possono contare sempre su manodopera a basso costo. 

La politica, infine, non tutela affatto i più deboli ovvero i lavoratori che recriminano migliori condizioni di lavoro. Le scelte della classe politica che ci sta governando non rispondono alle istanze dei lavoratori ma a quelle degli imprenditori che finanziano lautamente le loro campagne elettorali per garantirsi le loro attenzioni. Tragicamente la classe imprenditoriale è riuscita a far credere alla classe lavoratrice che tutelare i loro interessi significa tutelare gli interessi dei lavoratori, come se gli interessi della borghesia fossero gli stessi di quelli del proletariato. 

Insomma, per concludere, finché non verrà messo in discussione questo sistema economico le condizioni di lavoro non potranno mai migliorare, anzi potranno solo peggiorare perché gli imprenditori non saranno mai disposti a cedere parte dei loro guadagni ai lavoratori. Mi sbaglierò ma io non ho mai creduto alla filastrocca  che molti imprenditori ripetono alla noia che dice che la nostra, riferendosi alla loro azienda, è una grande famiglia dove gli operai sono come dei fratelli. Dimenticavo, il conducente del camion che ha schiacciato Adil Belakhdim ha 24 anni: si è rovinato la vita per cosa? 

 

Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info

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