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(R)ESISTENZA IN QUESTI TEMPI BUI

di Alessandro Vigilante 

 

La vittoria di misura di Lula su Bolsonaro nel primo turno delle elezioni in Brasile di domenica 2 ottobre ha ribadito che in tutto il mondo imperversa ancora un’onda di pensiero di destra (Bannon, Trump, Brexit, Erdogan, Orban, Visegrad, Meloni, Le Pen e l’estrema destra europea incalzante), basata su (dis)valori retrogradi, reazionari, tradizionalisti.

Questo rigurgito mondiale di neo-fascismo è alimentato da sentimenti egoisti di odio, vendetta, astio, rivalità, menefreghismo, e mostra l’enorme sacca di diffusione dell’estremo individualismo competitivo sul quale si basano le società regolate dal mercato, dal capitalismo, dal neoliberismo imperante in quasi tutto il pianeta.

A giugno dell’anno scorso, il sociologo italiano Domenico de Masi ha rilasciato un’intervista al giornale e sito web “Brasil 247” su questo argomento. Egli, riferendosi al presidente Bolsonaro, ha affermato che “in questo momento, i brasiliani sono nelle mani di un dittatore”, ricordando che anche Mussolini, Hitler, e più recentemente Erdogan ed altri autocrati, sono stati “regolarmente” eletti.

Altri passaggi illuminanti dell’intervista, che sono riferiti al Brasile, ma possono essere considerati validi globalmente, sono i seguenti:

Questo tipo di governo autoritario riduce l’intelligenza collettiva. Durante la pandemia Bolsonaro si è comportato come un bambino, in modo folle. In altre parole, il despota è riuscito a imporre comportamenti idioti ad un Paese molto intelligente. Perché questo è quello che fanno i regimi autocratici.

Questo è un fatto così ovvio che a volte passa inosservato. Quando il paese è governato da persone così grette, la tendenza generale è quella di abbassare il livello cognitivo della sua popolazione.

È facile capire perché: sotto il governo Bolsonaro, ministri retrogradi e reazionari come Damares, Araújo, Pazuello, Salles, Guedes & C., ci costringono a rivisitare dibattiti passati, alcuni ambientati nel Medioevo, o nel XIX secolo, come se fossero notizie.

Terra piatta, resistenza alle vaccinazioni e misure di sicurezza sanitaria di base, l’insistenza sul motto “Dio, Patria, Famiglia”, orientamenti morali intesi come questioni di Stato, disprezzo per l’ambiente, tutto questo rimanda a un passato che consideravamo lontano.

Quando entriamo in questo tipo di dibattito tra di noi, o con le “autorità”, è come se dai corsi di specializzazione universitari si tornasse agli abecedari delle scuole elementari. Siamo costretti a ricapitolare conoscenze stabilite decenni fa, come se non avessimo imparato nulla.

È come costringere gli scienziati a provare di nuovo la sfericità della Terra o a dimostrare l’efficacia della vaccinazione. Oppure a difendere, ancora una volta, la necessaria separazione tra Chiesa e Stato, a oltre 230 anni dalla Rivoluzione Francese.

Si tratta di una grande regressione e ciò ci pregiudica. Improvvisamente, ci troviamo a dibattere sull’ovvio, a perdere tempo su argomenti acquisiti ed a sprecare energia per aprire porte aperte secoli fa nella storia umana.

A parte la necessaria lotta politica per sbarazzarsi di queste persone il prima possibile, intendo che c’è una lotta specifica che riguarda ciascuno di noi: la lotta per non rimbecillire.

È necessario mantenere la lucidità e l’intelligenza attraverso la lettura di buoni autori e l’attitudine a scrivere. Mantenere viva la sensibilità attraverso la conversazione con persone positive e stimolanti e l’ascolto di buona musica. Guardare dei bei film per controbilanciare la barbarie proposta dalla vita quotidiana e dai social network.

Insomma, rimanere integri e forti per la futura ricostruzione del Paese. Non possiamo essere come loro. Non dobbiamo imitarli nella loro cieca violenza. Non possiamo permetterci di essere contaminati dalla loro stupidità. Passeranno. E noi saremo qui, per ricominciare.

Probabilmente ciò che porta a questa retrocessione è l’odio e il risentimento per aver fatto sentire le persone, in fondo, dei perdenti (è il caso di tutti i bolsonaristi che ho conosciuto più da vicino) e la necessità di dover individuare capri espiatori per poterli biasimare. Questo è la conseguenza della cultura competitiva, che stabilisce, con criteri perniciosi, cosa significa avere successo, e fa sentire, alla fine, sempre un perdente chi è attratto in questo gioco perverso.

 

Alessandro Vigilante

 

Intervista completa di De Masi a Brasil 247 su YouTube in portoghese (sottotitoli in italiano disponibili): https://www.youtube.com/watch?v=cEsuWu3hQWw&t=24s

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