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ELEZIONI IN BRASILE: IL BOLSONARISMO NON E’ MORTO  

 

Nelle prime ore della notte del 2 ottobre 2022 i risultati delle elezioni presidenziali in Brasile hanno mostrato un paese molto diverso da quello sembrava emergere durante la campagna elettorale dal 15 agosto al 29 settembre: il 48,17% di voti a Lula e il 43,42% a Bolsonaro.

Un enorme consenso a Bolsonaro e al bolsonarismo emerge con forza. Non solo la ventilata vittoria di Lula al primo turno non si verifica, ma i vari sondaggi delle più diverse agenzie che ripetevano una distanza significativa fra i due candidati vengono spazzati via.

Esiste un mondo invisibile organizzato ideologicamente e operativamente che indirizza grandi masse attraverso strumenti e mezzi di comunicazione che non si vedono, diciamo così, a occhio nudo. In queste settimane invece sono state ben visibili le dichiarazioni di appoggio a Lula e alla sua vasta coalizione da parte di soggetti politici, moltissimi artisti molto seguiti, influenzatori di tutti i tipi; altrettanto esplicito e pubblico è stato il ripudio nei confronti di Bolsonaro da parte di esponenti espressione dell’esecutivo degli USA.

Spiegazioni semplici e semplicistiche non servono. Al momento domina una preoccupazione che toglie il fiato nel trovarsi di fronte ad un paese nel paese che apprezza e sceglie la postura violenta, razzista, anti-istituzionale e anti-sociale fino agli estremi come modello per la convivenza civile e nazionale.

Si apre un mese irto di difficoltà e pericoli il cui esito è incerto.

)Teresa Isenburg, San Paolo, 3 ottobre 2022(

 

VERSO IL SECONDO TURNO

 

 

Con questo risultato sorprendente per molti osservatori, il primo turno delle elezioni in Brasile ha mostrato una differenza molto ridotta tra i due contendenti maggiori.

I due principali blocchi del paese – il bolsonarismo reazionario e le forze progressiste guidate dall’ex presidente Lula da Silva – hanno visto aumentare notevolmente i loro voti rispetto alle elezioni del 2018. Essi si preparano adesso al secondo turno il 30 di ottobre.

Cosa ci dicono i risultati del primo turno sull’equilibrio delle forze in Brasile e sul destino della sua democrazia?

Innanzitutto, la cattiva notizia: il bolsonarismo è vivo e vegeto. Nonostante le omissioni criminali di Jair Bolsonaro al governo – 700.000 morti per Covid-19, un forte calo del tenore di vita nel Paese e record di distruzione dell’Amazzonia, tra le varie disgrazie – il suo particolare marchio di fanatismo di estrema destra sta crescendo in ampi settori della società brasiliana. Bolsonaro ha ottenuto quasi due milioni di voti in più rispetto al primo turno del 2018.

I principali alleati di Bolsonaro sono stati eletti in posizioni chiave a livello federale. L’ex-giudice in disgrazia Sergio Moro, l’architetto della cosiddetta “Operazione Lava Jato”, che ha messo in carcere Lula con false accuse di corruzione, ha vinto un seggio al Senato. Si unirà a Damares Alves, la ministra per le donne, evangelica di estrema destra di Bolsonaro, che ha affermato: “è tempo che la chiesa regni”.

Ma la sorprendente vitalità di Bolsonaro è stata eguagliata passo dopo passo dalle forze progressiste brasiliane. Bolsonaro non ha vinto il primo turno di queste elezioni. Lula ha vinto – e lo ha fatto molto bene. I suoi 57,2 milioni di voti sono quasi 10 milioni in più rispetto ai voti ricevuti da qualsiasi candidato in qualsiasi altra elezione in Brasile. Il suo 48,5% dei voti lo ha portato molto vicino a un immediato spettacolare ritorno alla presidenza.

I vivaci movimenti di massa del Brasile – come il sindacato CUT, che rappresenta quasi 8 milioni di lavoratori, il Movimento dei lavoratori rurali senza terra (MST) e il Movimento dei lavoratori senza casa (MTST) – hanno spinto il paese dalla base all’apice.

Lula è la figura di spicco che unisce una vasta gamma di forze progressiste, ma è tutt’altro che solo. Una nuova generazione di leader progressisti, come Guilherme Boulos, leader del MTST, e Natalia Bonavides, deputata federale del PT, ha vinto le elezioni al Parlamento con un ampio consenso. Boulos è diventato il primo rappresentante di un partito di sinistra nella storia del Brasile a raggiungere 1 milione di voti in una disputa a deputato federale. Bonavides, a sua volta, ha ottenuto il maggior numero di voti nel suo stato natale, il Rio Grande do Norte.

Ma l’avanzata delle forze progressiste non garantisce la sicurezza della democrazia brasiliana, in particolare durante le prossime quattro settimane di intensa campagna.

Bolsonaro, incoraggiato dalla sua prestazione e sostenuto da potenti alleati come Moro, potrebbe rifiutare i risultati del secondo turno. Ha trascorso gran parte dell’ultimo anno alimentando i timori di frodi e manipolazioni elettorali – e ha avvertito che lascerà l’incarico solo “morto, imprigionato o vittorioso”. Rivolgendosi ai risultati elettorali in un recente discorso, Bolsonaro ha dichiarato: “Se necessario, andremo alla guerra”.

(David Adler, Internazionale Progressista, 3 ottobre 2022)

 

A questo punto, è partita la campagna per il secondo turno elettorale il 30 di ottobre. Lula ha ricevuto l’appoggio dei due altri candidati di centro sconfitti al primo turno; ha pianificato viaggi in tutti i canti dell’enorme paese sudamericano e raggiungerà varie comunità in tutti gli Stati per confermare il consenso finora ottenuto e stimolare al voto coloro che si sono astenuti al primo turno.

 

La sfida è ardua, ma il risultato non può essere che la vittoria del Presidente più amato e popolare, il migliore che il Brasile abbia avuto in 500 anni di storia.

(Alessandro Vigilante)

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