LA BOLIVIA VA ALLE URNE PER ELEGGERE IL SUO PRESIDENTE
Oggi la Bolivia va alle elezioni in un clima di incertezza, infatti, dopo venti anni di governo, il Movimento al Socialismo (MAS) potrebbe perdere la guida del paese a seguito delle divisioni al suo interno.
Gli elettori dovranno eleggere il presidente, il vice presidente oltre a 36 senatori, 130 deputati, sette rappresentanti di circoscrizioni speciali, indigeni, originari, contadini e nove rappresentanti parlamentari presso organismi sovranazionali. Questa architettura istituzionale riflette la complessa struttura dello Stato Plurinazionale boliviano.
Alle urne sono chiamati oltre 7,5 milioni di boliviani e per questo l’Alta Corte Elettorale (TSE) ha abilitato 3.733 seggi elettorali distribuiti su tutto il territorio nazionale, inoltre sono chiamati ad esprimere il proprio voto anche 369.931 boliviani residenti in 22 paesi, che eserciteranno il loro diritto di voto in modo consolare.
A queste elezioni si presentano sette candidati con i rispettivi partiti o movimenti:
Autonomia per la Bolivia (APB-Súmate), con Manfred Reyes Villa
Alianza Libertad y Progreso (ADN), guidata da Jorge “Tuto” Quiroga
Alianza Popular, che nomina Andrónico Rodríguez
Alianza Unidad, con Samuel Doria Medina
Partito Democratico Cristiano (PDC), rappresentato da Rodrigo Paz
Movimento al socialismo (MAS-IPSP), con Eduardo del Castillo
Alianza Fuerza del Pueblo, che presenta Jhonny Fernández
I principali candidati alla presidenza della Bolivia sono:
Samuel Doria Medina: l’imprenditore al governo
Il candidato di Alianza Unidad incarna l’aspirazione del progetto politico di centrodestra. A 66 anni, l’uomo d’affari di La Paz affronta il suo quarto tentativo presidenziale, dopo aver partecipato nel 2005, 2009 e 2014. Classificato come il secondo imprenditore più influente della Bolivia secondo Bolivian Business, superato solo da Marcelo Claure, Doria Medina è tra i 500 imprenditori più riconosciuti dell’America Latina e dei Caraibi, secondo Bloomberg. La sua carriera include il passaggio attraverso il Ministero della Pianificazione e la fondazione dell’Unità Nazionale nel 2003, dopo la sua partenza dal Movimento di Sinistra Rivoluzionaria (MIR).
Jorge “Tuto” Quiroga: il ritorno della destra tradizionale
Il 65enne Cochabambino incarna l’opzione della destra tradizionale boliviana. Ex presidente tra il 2001 e il 2002, Quiroga ha una carriera istituzionale che include la vicepresidenza sotto Hugo Banzer (1997-2001) e il Ministero delle Finanze durante l’amministrazione di Jaime Paz Zamora.
I suoi legami con gli Stati Uniti lo posizionano come il candidato dei settori economici dominanti e transnazionali, anche se, in pubblico, insiste nel mantenere una linea indipendente rispetto a Washington. Durante il governo ad interim di Jeanine Áñez, ha lavorato brevemente come portavoce internazionale del paese.
Andrónico Rodríguez: la nuova generazione
Il senatore rappresenta il rinnovamento generazionale all’interno del movimento sindacale. A 36 anni, Rodríguez ha costruito una leadership organica dalla base, scalando le organizzazioni giovanili, fino a diventare segretario esecutivo della Federazione Mamoré Bulo Bulo.
La sua formazione accademica in – Scienze Politiche, il conseguimento di Master in Sicurezza, Difesa e Sviluppo e vari diplomi – completano la sua esperienza politica. Come presidente del Senato, è riuscito a ratificarsi cinque volte con un ampio sostegno, consolidando il suo profilo istituzionale.
Manfred Reyes Villa: un politico ex militare
Il sindaco di Cochabamba arriva con una traiettoria segnata da controversie giudiziarie. Ex militare e imprenditore, Reyes Villa ha governato Cochabamba tra il 1993 e il 2000, ha lavorato come prefetto dipartimentale fino al 2008 e ha già gareggiato per la presidenza nel 2002 e nel 2009.
I suoi precedenti includono un esilio negli Stati Uniti tra il 2009 e il 2019, dopo aver affrontato molteplici cause legali. Il suo ritorno durante il governo ad interim di Áñez gli ha permesso di riconquistare l’ufficio del sindaco di Cochabamba, anche se nel 2022 è stato condannato al carcere per un esproprio compiuto oltre 25 anni fa.
Eduardo del Castillo: la continuità del MAS
Il candidato del governo affronta la sfida più complessa. L’avvocato di 36 anni di Santa Cruz è arrivato al Governo nel 2020 ed è rimasto in carica fino a maggio 2025, diventando una delle figure più visibili del gabinetto di Luis Arce.
Militante del MAS dal 2005, del Castillo ha costruito la sua carriera tra la funzione pubblica e la consulenza parlamentare, specializzandosi in questioni di giustizia e migrazione. La sua candidatura rappresenta il tentativo del governo di rinnovare la leadership dopo le fratture interne del partito.
Proprio le fratture interne al Movimento al Socialismo mettono in seria incertezza l’esito elettorale boliviano. Sul risultato aleggia lo spettro di Evo Morales che. non ha potuto registrarsi come candidato presidenziale con nessun partito con personalità giuridica in vigore, dalla sua roccaforte nel Tropico di Cochabamba, promuove attivamente il voto nullo come forma di protesta politica. Questa strategia risponde alle tensioni interne del MAS e al suo rifiuto sia del governo di Luis Arce che delle candidature dell’opposizione.
L’invito di Evo Morales al voto nullo o all’astensione è da lui giustificato con la necessità di combattere lo stato che “non rispetta i diritti del popolo”, quindi “la rivolta e la ribellione sono un diritto. Questa sarà una ribellione democratica contro uno stato corrotto, un governo corrotto e tutta la destra che è nella lista dei candidati”, ha detto.
Dall’ottobre 2024 Morales, che è stato inabilitato dalla Corte Costituzionale dopo 14 anni, a causa di un mandato d’arresto per un caso di traffico di esseri umani aggravato. Viene accusato , per la presunta relazione con una minorenne avuta nel 2015, quando governava la Bolivia.
Una scelta, quella del voto nullo o l’astensione portata avanti da Morales, che probabilmente porterà la destra al governo dopo venti anni di guida della Bolivia da parte del Movimento al Socialismo. Purtroppo le divisioni interne al movimento non si sono sanate con l’avvicinarsi delle elezioni, anzi si sono acuite, nonostante i tentativi del presidente Arce di riunificare il blocco di sinistra quale unico modo per garantire un trionfo del governo al primo turno.
I sondaggi pre elettorali lasciano poche speranze al blocco di sinistra che neppure dovrebbe arrivare al ballottaggio. Le rilevazioni infatti pronosticano uno scontro tra i due partiti di destra capeggiati da Samuel Doria Medina e da Jorge Tuto Quiroga.
Gli istituti che hanno realizzato i sondaggi rilevano che Samuel Doria Medina (di Alianza Unidad) e l’ex presidente Jorge Tuto Quiroga, di Alianza Libre, si posizionano come leader, anche se nessuno dei due contendenti alla presidenza supererebbe il 20 per cento delle intenzione di voto.
“E’ incerto ciò che verrà in futuro e questa scelta è decisiva per diversi motivi”, ha detto a Sputnik l’analista politica Lily Peñaranda. In questo senso, l’analista ha sottolineato che chi risulterà vincitore, “determinerà il corso da seguire per quanto riguarda la crisi economica, che sembra già abbastanza profonda, ma non ha ancora raggiunto il suo stato peggiore”.
“D’altra parte, stiamo assistendo a un cambiamento di ciclo per quanto riguarda il MAS”, ha detto Peñaranda avvertendo che per la prima volta in 20 anni si percepisce la perdita di forza del governo. In questo senso, ha sottolineato che, secondo i sondaggi, il partito al potere potrebbe ottenere meno del 2 per cento dei voti questo 17 agosto, anche se ha chiarito che questi studi sono “inaffidabili”.
L’incertezza sul risultato delle elezioni è confermato dal fatto che ci sono molte persone indecise il che provocherà che Il voto sarà disperso, rendendo quasi impossibile che ci sia un vincitore al primo turno. I sondaggi danno i voti nulli, bianchi e gli indecisi al 25 per cento.
Per l’analista Gabriel Campero, riferisce Sputnik, in questa elezione sono in gioco due visioni dello Stato. Inoltre, ha sottolineato il ruolo di Morales, che promuovendo il voto nullo sta favorendo l’opposizione. Perché nel conteggio finale effettuato dal TSE, i voti nulli non saranno considerati, il che aumenta le possibilità della destra.
Anche .Gabriel Campero ha messo in dubbio i risultati forniti dai sondaggi, poiché tutti sono stati condotti su soli 2.500 intervistati, mentre il registro elettorale conta 7,9 milioni di elettori. Ha anche sottolineato che il 54% degli elettori ha un’età compresa tra i 18 e i 40 anni. Ma per la realizzazione di studi di opinione, i gruppi di età sono segmentati senza dare la rappresentatività corrispondente ai giovani.
Insomma un’elezione, quella di oggi in Bolivia, aperta a tutti gli scenari, anche se la riconferma del blocco di sinistra al governo dello stato andino sembra poco probabile. (Sputnik, Telesur)
Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info

