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GLI EUROPEI VOGLIONO LA PACE E LA RIDUZIONE DELLE SPESE MILITARI MA I GOVERNANTI NON CI SENTONO 

 

Sempre più armi all’Ucraina sembra essere la strategia per porre fine al conflitto ma un recente sondaggio condotto in dieci paesi europei da un centro studi di Bruxelles dimostra che gli europei non appoggiano affatto questa scelta.

Un recente sondaggio condotto in dieci paesi europei dallo European council on foreign relations di Bruxelles ha dimostrato che la maggioranza degli europei è contrario all’aumento della spesa militare e che vogliono che la guerra termini al più presto anche a costo di concessioni dell’Ucraina alla Russia. 

Tra la fine di aprile e la metà di maggio, attraverso Datapraxis e Yougov, sono state intervistati 8.172 residenti in dieci paesi europei: Polonia, Romania, Francia, Germania, Italia, Portogallo, Spagna, Finlandia, Svezia e Gran Bretagna.

Il sondaggio certifica che la maggioranza degli europei ha idee ben diverse da quelle adottate dai loro capi di stato. Il 35 per cento degli intervistati hanno dichiarato che vogliono che la guerra termini al più presto, il 22 per cento dichiarano che la guerra continui fino alla sconfitta della Russia, il 20 per cento è indecisa mentre il restante 23 per cento ha risposto diversamente.

Italia e Germania sono i paesi dove gli intervistati hanno dimostrato maggiore propensione alla pace. Nel nostro paese il 52 per cento degli interpellati vuole la pace al più presto, contro il 16 per cento che preferisce si combatta fino alla sconfitta della Russia. Gli italiani indecisi sono l’8 per cento. La Germania è il secondo paese per numero di pacifisti: il 49per cento contro il 19 per cento di coloro che vorrebbero che la guerra continuasse, gli indecisi sono il   14 per cento. Seguono Romania con il 42 per cento contro il 23 per cento, Francia con il 41 per cento contro il 20 per cento, Svezia con il 38 per cento contro il 22 per cento. Nitida la prevalenza dei pacifisti anche in Spagna e Portogallo.

Troviamo poi  Finlandia 26 per cento di  pacifisti contro 25 per cento, in Gran Bretagna 22 per cento contro 21 per cento. Solo in Polonia è più numeroso il gruppo di chi vuole continuare la guerra fino alla sconfitta della Russia che raggiunge il 41 per cento contro il 15 per cento di pacifisti, il 25 per cento sono gli indecisi.

Analogamente a quanto emerso sulla guerra anche la spesa per l’aumento delle spese militari è stata bocciata dalla maggioranza degli europei. L’Italia è il paese con il maggior numero di persone che si sono espresse contro l’aumento delle spese  per le armi in netta contraddizione con quanto ha deciso il nostro Parlamento. Infatti il  63 per cento degli italiani non vuole l’aumento delle spese contro solo il 14 per cento che è a favore. Seguono il Portogallo  con il 45 per cento contro il 21 per cento, Spagna  con il 51 per cento contro il 23 per cento, Gran Bretagna  con il 36 per cento contro il 25 per cento, Francia  con il 39 per cento contro il 31 per cento e Romania  con il 36 per cento contro il 31 per cento. 

I governi dei paesi Nato però vanno nella direzione opposta. L’intenzione del governo Draghi è di alzare le spese militari dall’1,5 per cento al 2 per cento del Pil entro il 2027, questo comporterebbe una maggior spesa tra i 10 e i 12 miliardi di euro all’anno. Dovrà essere il Parlamento a pronunciarsi ma non dubito che ciò non avvenga.

I falchi della guerra che vogliono che i loro governi aumentino le spese militari sono Polonia con il 52 per cento di favorevoli, Svezia con il 50 per cento, Germania con il 41 per cento ed infine la Finlandia con il 36 per cento.

Insomma risulta evidente che i governi non rappresentano le opinioni della maggioranza dei cittadini europei. Se poi prendiamo il nostro paese che è governato da un esecutivo che definire il più atlantista della nostra storia repubblicana è poco ci rendiamo conto di come la nostra classe dirigente sia lontana dalle istanze della popolazione.

Le forze politiche, che per ovvi motivi elettorali, agitano lo spettro dell’invasione dell’Italia da parte degli immigrati  con la conseguente perdita dei nostri valori urlando lo slogan “Padroni a casa nostra” di fronte a questi dati non battono ciglio. Bisogna essere padroni a casa nostra solo quando conviene. Il popolino ignorante e distratto viene mobilitato solo quando bisogna ereggere un muro ma quando le decisioni prese dal governo vanno contro il volere della maggioranza allora non vale più lo slogan che bisogna essere padroni a casa nostra.

 

Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info

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