Operai di fronte alla Giannetti RuoteOperai di fronte alla Giannetti Ruote

LA NUOVA NORMALITA’ AVANZA E CON LEI I LICENZIAMENTI 

 

Ecco la nuova normalità ritrovata: iniziano i licenziamenti di massa. Dopo la Giannetti Ruote di Ceriano Laghetto in provincia di Monza è ora la volta della GKN di Campi Bisenzio in provincia di Firenze.

Alcuni giorni fa i 152 operai della Giannetti Ruote di  Ceriano Laghetto in provincia di Monza sono stati licenziati in tronco con una email a fine turno. Nella comunicazione ricevuta gli operai della storica azienda costruttrice di cerchioni per auto e moto hanno scoperto la volontà dell’azienda di chiudere lo stabilimento. Da un giorno all’altro 152 operai si sono trovati per strada senza un lavoro.

Dopo la Giannetti Ruote a chiudere i battenti è la GKN di Campi Bisenzio in Provincia di Firenze. Anche in questo caso l’azienda ha comunicato la sua decisione di chiudere lo stabilimento con messaggi sui cellulari dei dipendenti. A Campi Bisenzio 422 lavoratori si trovano per strada dopo essere stati licenziati. Potremmo dire che in entrambi i casi le nuove tecnologie hanno agevolato le comunicazioni tra aziende ed i  dipendenti: miracoli del progresso.

Due casi accaduti subito dopo che il nostro governo ha sbloccato i licenziamenti dopo il fermo per la pandemia. La normalità sta tornando nel nostro paese e le solite belle pratiche tornano con lei. Ci hanno ripetuto alla noia che il lavoro doveva essere flessibile per poter avere un paese competitivo a livello internazionale: bella flessibilità questa che permette alle aziende di chiudere i battenti da un giorno all’altro spostando magari le produzioni in un paese dove la manodopera costa meno o i diritti dei lavoratori sono minori.

Ricordo, nei primi mesi dopo lo scoppio della pandemia, i fiumi di inchiostro spesi da illustri giornalisti, commentatori ed intellettuali per dipingere un mondo più giusto ed equo quando il virus sarebbe stato sconfitto. Leggevo articoli in cui si paventava un mondo migliore, più giusto, quando saremmo usciti dal tunnel della pandemia, leggevo fantasticherie sulla presa di coscienza mondiale che imponeva un cambio di marcia in economia, leggevo che dopo la pandemia il mondo sarebbe stato migliore perché il virus aveva cambiato le coscienze di molti. Io ho sempre dubitato di questa lettura ottimistica del capitalismo post pandemico perché semplicemente o banalmente il capitalismo non può essere riformato. Forse quelli che scrivevano di questo nuovo fantascientifico mondo lo facevano per tenere le persone tranquille in quei giorni in cui tutti dovevano restare chiusi in casa. Mi domando se davvero ci credessero o scrivevano queste scemenze solo per non esacerbare gli animi degli italiani.

Il capitalismo dei disastri, come lo definisce Naomi Kleime, scrittrice ed intellettuale canadese che con i suoi scritti era una delle poche figure che si scostava dalla narrativa comune sul nuovo mondo post pandemico che ci aspettava, da sempre ha ottenuto dei grandi vantaggi dalle crisi, qualunque esse fossero. Quindi era plausibile e facile pensare che anche dalla pandemia il capitalismo avrebbe ottenuto indubbi vantaggi ed oggi cominciamo a vederne gli effetti.

In fondo tornare alla normalità significa tornare al mondo prima del virus ovvero un mondo in cui il profitto era posto al di sopra di ogni cosa, quindi perché stupirci di quanto sta accadendo oggi. Licenziare per delocalizzare la propria impresa fa parte delle strategie aziendali che prima della pandemia erano da anni intraprese dagli imprenditori nostrani e stranieri. La normalità invocata dai politici che affollano i talk show o i telegiornali è questa. 

Sul caso degli operai licenziati da un giorno  all’altro di Campi Bisenzio adesso la politica cerca di mobilitarsi per  dare in modo ipocrita una risposta a quanto accaduto. Da Salvini a Letta, passando per Renzi,  i nostri politici che stanno al governo ed hanno, tutti assieme appassionatamente, votato le direttive imposte in materia di licenziamenti da Confindustria oggi manifestano solidarietà ai lavoratori che hanno perso il lavoro. Enrico Letta, segretario del Pd, si spinge ad affermare che se queste sono le conseguenze dello sblocco dei licenziamenti, che lui ed il suo partito hanno convintamente appoggiato, allora bisogna rivedere il provvedimento. Enrico dove vivi? Ma cosa credevi significasse sbloccare i licenziamenti? E poi, cari Mattei,, anche loro ben felici di appoggiare lo  sblocco dei licenziamenti per favorire l’occupazione ed accaparrarsi i voti di quelli che hanno la fabbrichetta, cosa pensavate che licenziando i lavoratori si potessero moltiplicare i posti di lavoro come i pani ed i pesci?

Ma che importa tanto oggi si gioca la finale dei campionati europei e, se la nazionale vince, tutti in piazza a gioire fregandosene se la nuova normalità che piano piano il nostro paese recupera sarà migliore o peggiore di quella che ci siamo lasciati alle spalle.

 

Andrea Puccio – www.occhisulmondo.info

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